Star Wars: Il Risveglio della Forza. Figlio perfetto dei tempi che viviamo

di Emiliano Baglio 06/01/2016 ARTE E SPETTACOLO
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Presupponendo che quasi tutti voi abbiate visto e magari anche rivisto (lo farò anche io) il nuovo episodio di Star Wars la domanda che vogliamo porci è; George Lucas ha venduto i suoi figli agli schiavisti bianchi?

E soprattutto, visto che lo ha fatto per 4,05 milioni di dollari, cosa vuole ore il papà della saga più importante del XX° secolo?

Ed infine, nell’eterna discussione sul fatto se l’anima di Lucas sia quella di un businessman o quella di un regista, possiamo vedere nel nuovo Star Wars la vittoria definitiva del mercato, del merchandising su tutto il resto?

Proveremo a rispondere a queste domande e ad analizzare di cosa è fatto questo nuovo episodio, cosa funziona e cosa no.

Innanzitutto Il risveglio della forza è, di fatto, un remake non ufficiale ma di fatto del film del 1977 che inaugurò le avventure degli Jedi con qualche elemento presi dagli episodi V e VI. Tuttavia al tempo stesso è un opera quasi del tutto indipendente dai capitoli precedenti, insomma può anche essere guardato e compreso senza problemi anche da chi non sappia nulla di questa epopea.

Come nel 1977 abbiamo una coppia di eroi, con però un’importante rovesciamento di ruoli visto che l’eroina è una donna (Daisy Rider nel ruolo di Rey) mentre il comprimario è un uomo di colore, forse in nome del politicamente corretto (John Boyega nella parte di Finn).

Come per Luke Skywalker anche Rey di fatto è orfana.

Abbiamo un super cattivo comandato da uno più potente di lui come nel caso di Darth Vader e Palpatine, un pilota di caccia che compie un’impresa straordinaria (Oscar Isaac alias Poe) come fece Luke ma stavolta senza l’aiuto della forza.

Non manca neanche l’immancabile scontro padre-figlio copiato pari pari da quello tra Luke e Darth Vader e c’è persino un bar interstellare abitato dalle creature più strane ed incredibili che possiate immaginare, insomma tutta roba già vista che riconosciamo all’istante, come l’arma finale che, per ammissione dello stesso Han Solo è una Morte nera più grande.

Ci sono infine tutti i vecchi personaggi (compreso il Millenium Falco e gli immancabili C-3PO ed R2-D2), in verità inseriti alle volte un po’ forzatamente, forse per fare contenti noi ragazzini di un tempo e vedremo se J.J. Abrams saprà dare una reale motivazione alla loro presenza.

Molto meglio i nuovi personaggi, escluso Kylo Ren alla quale presta un improbabile volto Adam Driver con effetti comici (speriamo che in futuro si tolga la maschera il meno possibile).

Viene naturale allora chiedersi in questo remake cosa ci sia di J.J. Abrams, se esista un qualche marchio di fabbrica, un’impronta autoriale.

La risposta è piuttosto negativa.

Intendiamoci, Il risveglio della forza per più della sua metà è uno spettacolo grandioso e stupefacente con sequenze che entrano di diritto nella storia della saga.

I personaggi, in particolare Rey, sono approfonditi il giusto e tutta la parte iniziale scorre che è una meraviglia, riuscendo anche ad azzeccare il giusto mix tra azione e divertimento.

Peccato che quando si tratti di arrivare al dunque il film crolli inesorabilmente, si renda conto che troppo tempo è passato e spinga il piede sull’acceleratore a tavoletta con soluzioni banali e scontate e alle volte semplicemente terrificanti.

È il caso della sequenza in cui Rey trova la spada di Luke (atroce), dello scontro tra questa e Kylo Ren o della distruzione della nuova Morte Nera.

Tuttavia il difetto principale del nuovo Star Wars non sta tanto nella fragilità della seconda parte quanto piuttosto nel substrato culturale che esso esprime e a farne le spese è soprattutto la forza.

Lucas, checché ne dica chi non ha mai capito nulla di Star Wars, aveva creato una grandiosa epopea moderna (o post-moderna).

Aveva mescolato abilmente il basso (la soap opera ed i fumetti), con l’alto (la filosofia buddista che sta alla base del concetto de la forza); la tradizione dei samurai con l’epopea western, le citazioni colte dell’espressionismo tedesco con un discorso politico che soprattutto nei primi tre capitoli (quelli girati dopo) è emerso con prepotenza delineandosi come un’esaltazione della repubblica ai danni di un Impero che secondo molti aveva il volto dell’imperialismo americano incarnato da Bush.

Abrams non possiede neanche un briciolo di questa grandiosa visione espressa nella forma dell’intrattenimento più puro, quello che ha spiazzato tanti presunti intellettuali che hanno sempre bollato Star Wars come un filmetto per ragazzini non comprendendone la ricchezza culturale.

Basta vedere, come già detto, cosa è diventata la forza, ridotta ad una sorta di super potere degno di un super eroe di quarta lega, che è possibile utilizzare con disarmante facilità e che permette di leggere le menti e spostare oggetti come nulla fosse.

Al diavolo l’addestramento Jedi, la forza che compenetra tutto l’universo, la ricerca su di sé, il lato oscuro.

Rey in trenta secondi riesce ad utilizzare la forza come nessun’altro prima di lei, quasi quasi sconfigge Kylo Ren e riesce a condizionare mentalmente uno stormtrooper e a farsi liberare con una semplicità disarmante e sconfortante.

Proprio in questo annientamento dell’idea della forza come l’aveva concepita Lucas, in questa sua ridicola semplificazione sta l’anima più vera ed autentica del nuovo Star Wars che fa tabula rasa di tutto il substrato culturale, filosofico, ideologico e persino cinematografico che rendevano i film di Lucas così importanti e ricchi.

 Il risveglio della forza è il figlio perfetto dei tempi che viviamo, un rutilante, lucido e splendido giocattolone pensato apposta per intrattenere e vendere vagonate di gadget, un film che non pone domande e che si scorda trenta secondi dopo averlo visto.

E no, non basta la citazione de Il trionfo della volontà di Leni Riefenstahl a risollevarlo.

A meno che, come qualcuno sostiene e come pensiamo anche noi, Rey non sia la figlia di Luke ed abbia ricevuto un addestramento Jedi in un passato che non ricorda e che, per il momento, non ci è stato mostrato.

Staremo a vedere.


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